Lo sviluppo tecnologico e l’economia

Scrivo questo articolo perché sono sempre più rattristato dalla pochezza della nostra classe politica e di una certa fetta della classe produttiva. L’Italia è avviata da tempo ad un lento declino in cui la competitività delle nostre aziende e servizi è in picchiata. Ovviamente abbiamo alcune eccellenze, ma è il complesso che conta e non le eccezioni. La cosa che mi sorprende di più è il fatto che non si riesca a capire che non ci si può fossilizzare su sistemi produttivi che funzionavano in passato. Gli Stati che si considerano avanzati vanno avanti, prendono atto del fatto che le produzioni meno complesse dal punto di vista tecnologico sono le prime che vengono realizzate nei Paesi in via di sviluppo. Questo è un normale percorso verso la crescita che abbiamo affrontato anche noi. La logica vuole che dopo questa fase si passi a una produzione a maggior valore aggiunto, quindi prodotti o servizi più tecnologici e complessi dove non hai la concorrenza a basso costo dei Paesi meno ricchi. In Italia invece si cerca, in un continuo gioco al ribasso, di competere su produzioni a basso valore aggiunto con Paesi con una livello del costo del lavoro più contenuto. In quei Paesi il costo del lavoro è basso perché lo è anche il costo della vita e complessivamente non vivono meglio di noi, anzi.  Competere con loro significa abbassare i salari dei nostri lavoratori, ed è quello che si faceva quando si svalutava.  Politiche protezioniste sono assurde, se si vuole crescere si deve competere su livelli più alti e per fare questo si deve partire anche da una riforma della scuola.

Qui propongo un video molto esplicativo della questione dal canale Liberioltre.